Le parole hanno valore e, spesse volte, anche legale. Bisogna fare attenzione a cosa si scrive su Whatsapp: potresti finire in tribunale
Whatsapp, oggi è spesso il mezzo con cui i datori di lavoro, inviano comunicazioni ufficiali o, in alcuni casi, pressioni indebite ai dipendenti. Questo ha aperto il dibattito sulla possibilità di usare i messaggi Whatsapp come prova in tribunale, specialmente in casi di mobbing, discriminazione o mancato pagamento di stipendi e straordinari.
La Corte di Cassazione si è pronunciata più volte sulla questione, confermando che le chat di Whatapp possono essere utilizzate come prove documentali in sede giudiziaria. In particolare, la giurisprudenza ha stabilito che screenshot, trascrizioni e registrazioni di messaggi scambiati tra dipendenti e datori di lavoro rientrano nella categoria delle “riproduzioni meccaniche”, ai sensi dell’articolo 1712 del Codice Civile. Tuttavia, affinché abbiano valore probatorio, è necessario che l’autenticità e l’integrità del contenuto non siano messe in discussione.
Per far valere i messaggi WhatsApp in un procedimento legale, è importante seguire alcune accortezze. Se un lavoratore intende dimostrare, ad esempio, di aver ricevuto offese, minacce o richieste illegittime, dovrà presentare le conversazioni in modo completo e senza alterazioni. Gli screenshot possono essere accettati come prova, ma il datore di lavoro potrebbe contestarne la veridicità, sostenendo che siano stati manipolati o estrapolati dal contesto.
Per rafforzare la validità della prova, il dipendente può:
Nel caso in cui il datore di lavoro contesti l’autenticità della conversazione, il giudice potrebbe disporre accertamenti tecnici per verificare la provenienza e l’integrità delle chat. Una delle soluzioni più affidabili è la copia forense del dispositivo, un duplicato digitale che garantisce la totale corrispondenza tra il contenuto analizzato e l’originale.
Diversi pronunciamenti della Corte di Cassazione hanno confermato l’utilizzabilità di WhatsApp nei processi del lavoro. Tra le principali sentenze hanno riconosciuto che i messaggi scambiati sulla piattaforma hanno valore di documento. Possono quindi costituire prova piena di violazioni contrattuali, comportamenti scorretti del datore di lavoro o mancati pagamenti.
Tuttavia, la giurisprudenza sottolinea anche che l’utilizzo delle chat in tribunale deve avvenire con criteri rigorosi. Se il datore di lavoro nega di aver inviato determinati messaggi, spetta al lavoratore dimostrare che il contenuto è autentico e non alterato. In questo senso, la Cassazione ha chiarito che, sebbene gli screenshot possano essere accettati, la prova più solida resta l’analisi forense del dispositivo o la presentazione del telefono in sede giudiziaria.
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